cm. 100 x 100
acrilico, tecnica mista su tela
archivio: re006
BIOGRAFIA: Roberto Elio.
Sono nato a Lavenone l’11 dicembre 1950 e ho iniziato a dipingere nel 1970. Nei primi anni sono stato incostante, frequentando i corsi dell’AAB. Nei primi tempi guardavo agli autori locali come Togni, Garosio e Solaro, dai quali ho imparato qualcosa, ma desideravo trasmettere emozioni a modo mio, senza riuscirci. Mi scoraggiavo spesso, ma gli amici con cui dipingevo mi confortavano e mi spingevano verso nuove avventure pittoriche. Dopo aver sperimentato tecniche vicine alle avanguardie informali e cubiste, verso il 1980 ho conosciuto un gruppo di pittori livornesi che ho frequentato intensamente. Grazie a questo confronto, ho capito che dovevo tornare a fare ciò che facevo prima, ma con un approccio più moderno.
In quegli anni ho apprezzato un pittore bresciano di nome Arnaldo Migotti, scomparso troppo presto, del quale mi dispiace non aver potuto approfondire la conoscenza. Continuo a proporre una personale tematica di sintesi e atmosfera, e le affermazioni nei vari concorsi mi confermano che sto lavorando nella giusta direzione. Tratto i colori in modo materico, stendendoli con il pennello usato come spatola.
La mia è una pittura semplice, sintetica ma ricca di atmosfera, che vuole dialogare con tutti. È una figurazione moderna di tipo postimpressionista.
Elio
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“Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore, o piange…”. Il verso divino del Poeta mi torna alla mente, spontaneo, dinnanzi all’opera di Elio Roberti. Ci incontriamo a Ville del Monte, in occasione del Concorso estemporaneo di pittura intitolato a Giacomo Vittone… Anche il nostro pictor dominicus era solito – la domenica – inforcare una robusta bicicletta per venire negli ameni luoghi del “regno di Calvola”, a dipingere ‘en plein air’. Erano gli anni d’anteguerra e quello si offriva come uno dei rari momenti per sentirsi liberi. La Casa degli Artisti ha voluto ricordare l’impegno del vedutista, condotto per tanti anni con assoluta umiltà e nobiltà d’intenti. Ha chiamato a raccolta i nuovi cultori di quest’arte, che qualcuno riteneva abbandonata da tempo e, con gradita sorpresa, sono giunti i dilettanti che si divertono ad educare e gratificare il buon gusto. Tra di loro si è segnalato Roberti, con un dipinto ad olio sul tema: “Tenno e l’Alto Garda”, primo premio e menzione: “Paesaggio risolto con sapienti contrasti chiaroscurali, nella sicura prospettiva ambientale di ampio respiro”. Invero, la modulazione dei toni caldi e la morbidezza dello sfumato sono commentate dalla grazia svelta del segno e traducono sulla tela impressioni immediate di luce e colore, catalizzate dal parametro di una cromia armoniosa nell’avvolgente atmosfera onirica. La visione filtra nel gioco sottile del chiaroscuro, come attraverso un velo d’acqua che attenua i contrasti, stempera i contorni e decanta la nota elegiaca sottesa, evocando tenerezza e struggente malinconia. Un mondo ideale si manifesta allora, a poco a poco, sul filo della memoria, con immagini surreali che affiorano istintive dall’inconscio: il ricordo della giovinezza in un mondo idilliaco ed incontaminato. Il profumo acuto della resina che emana dalla “dase”, si confonde con la fragranza delle fragole di bosco già mature e con il fermento del fieno steso sui prati a seccare. Umori inebrianti della terra, sentori di erbe e fiori alpestri, sapori delle acque sorgive e della polenta cotta alla carbonara, con un sospetto di fumo della legna a ciocchi nel focolare. E tutto transustanzia in tinte pregnanti di pigmento. Tante emozioni danzano in una ridda vertiginosa che smaga il cuore e ti fa perdere coscienza del presente, per vivere nel sogno. In tal modo l’assillo quotidiano della famiglia e della società civile si anima di innumerevoli esperienze ove ti senti pienamente realizzato, con una soddisfazione che mai sarà pari nello studio e nel lavoro. È il miracolo dell’Arte che si ripete, senza soluzione di continuità, tramite la creazione.
Ne diamo atto all’amico pittore, il quale ci offre non un’evasione dalla realtà sociale e naturale, ma la rivelazione di una realtà nuova, fissata nell’eterno istante di classica bellezza per forma e contenuto. Ogni nostra fatica, ogni ansia e ogni tormento acquistano così un senso per il quale valga la pena di vivere. Lo sorbiamo nel nostro intimo con premurosa cura come una tazza di latte appena munto, del quale non si voglia perdere una sola goccia.
Pier Luigi Menapace
Dal quotidiano “L’Adige”, lunedì 18 ottobre 1993